Piemme - thriller, La colpevole


Si preme un asciugamano sulla ferita nel tentativo di fermare il sangue, ma quello continua a zampillare, insistente. Più preme, e più ne sgorga. Non ce la fa a guardare la sorella, i suoi occhi umidi, sbarrati. Una sirena le trafigge il cervello. Più forte. Sempre più forte. Fissa imbambolata i lampeggianti. Suonano alla porta, andare a rispondere è come nuotare nel mercurio. Apre con mano tremante. Una mano che ha l’odore di una macelleria. Le si stagliano di fronte tre agenti di polizia: due uomini, una donna.
La donna le chiede piano come si chiama.
Risponde.
«Possiamo entrare?»

Un cenno d’assenso.
Due passi, e hanno superato il minuscolo ingresso. Due passi, e i poliziotti sono nel soggiorno dello scintillante appartamento moderno: acciaio inossidabile e travertino, mobilio marrone marcato Ikea. Altri due passi e lo sguardo dei tre agenti si conficca nel corpo straziato di vermiglio di sua sorella. I capelli, un ventaglio sul pavimento bianco. Una rigidità d’alabastro.
Il poliziotto più grosso latra nel telefono, chiede rinforzi, la Scientifica, un fotografo. E qualcuno gli risponde con tono da automa.
«Rinforzi in arrivo.»
La poliziotta si volta verso di lei, le mette una mano sul braccio. Ha occhi azzurro chiaro, le ricordano il tappeto di campanule che a primavera se ne stava sospeso come bruma nei boschi vicino casa. Boschi in cui erano solite giocare.
«Al telefono ci ha detto di avere assassinato sua sorella. È così?»
«Pensavo stesse per uccidere me. Perciò... Perciò...»
Non riesce a proseguire. Non riesce a dire altro. Apre la bocca ma non escono parole. Sente un ululato, forse per strada c’è un animale inselvatichito, ma poi l’agente le cinge le spalle con un braccio e la accompagna al divano, e allora si rende conto di essere lei la fonte del rumore.
La poliziotta le si siede accanto, odora del mondo di fuori. Aria di città, satura di smog. Occhi azzurro chiaro che le si commuovono addosso.

«Cos’è successo?»
«Mia sorella era arrabbiata. Furibonda, non l’avevo mai vista così. Mai.»
Le parole muoiono nell’aria, proprio come sua sorella. Però loro smettono semplicemente di respirare, non c’è tutto quel sangue. Si smarrisce in quegli occhi campanula. L’altra torna a cingerla con un braccio e lei le si aggrappa, singhiozzante. La donna le accarezza la schiena, le sussurra nell’orecchio, la dondola avanti e indietro cullandola come una bimba.
Resta così per un po’. Non sa quanto. Il tempo l’ha abbandonata a se stessa. A un certo punto, in quell’intervallo di tempo cui lei non appartiene più, il collo smette di sanguinarle. A un certo punto, in quell’intervallo di tempo, il suo appartamento viene invaso. Individui in tute di cellophane, con cuffie di plastica e guanti di lattice. Un fotografo. Un esercito di investigatori in borghese, una folla in abito scuro.
Qualcuno le si avvicina. Non riesce a distinguerlo bene; tutto è annebbiato, niente è più a fuoco. Le sta dicendo qualcosa, ma lei non riesce a sentirlo. Si direbbe preoccupatissimo, insiste. Alla fine, qualche parola fa breccia nel silenzio che le preme sui timpani.
«Arresto. Sospetto omicidio. Tribunale.»
E poi la fa alzare, la ammanetta. La donna dai gentili occhi campanula è sparita. E lei non ce la fa a voltarsi a dire addio alla sorella mentre l’uomo la accompagna fuori. Non ce la fa a reggere un ultimo sguardo.
In stato di fermo. Mani e piedi sigillati in sacchetti di plastica. Quando è successo? Nel suo appartamento? Prima che la ficcassero nell’auto della polizia? L’ala dedicata alla custodia cautelare è una garenna ultramoderna, tutta piastrelle. Niente finestre. Niente angoli. Niente spigoli. Non sembra reale, proprio come gli eventi di quella sera. Le voci lì non parlano, rimbombano. Odore di chiuso e disinfettante.
Un’agente in guanti di lattice che ha con sé una montagna di sacchetti di carta la scorta in una cella. Tanto all’avanguardia che neppure ha una serratura tradizionale alla porta. È tutto elettronico. È l’era spaziale.


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Tua sorella gemella.
Un segreto: il suo.
Un tradimento: il tuo.


Due gemelle molto diverse, Zara e Miranda, sono legate da qualcosa di potente, più potente ancora del sangue. Forse è il segreto terribile che hanno condiviso nell'infanzia, o forse la fragilità che Zara si è portata dietro per tutta la vita, a tenerle indissolubilmente legate l'una all'altra, e a intrecciare i loro destini in modo inestricabile. Finché sulla scena fa la sua comparsa Sebastian Templeton.
«Sebastian, Sebastian, Sebastian, dovunque guardi c'è lui. Zara Cunningham: fino a che punto ne sei innamorata?» si chiede Zara, sorpresa lei stessa della violenza con cui Sebastian si è impadronito del suo cuore. E dire che lo ha incontrato banalmente al supermercato, per puro caso.
È apparentemente per puro caso, però, che Sebastian sembra pian piano avvicinarsi anche a Miranda. E ben presto Zara si accorgerà che i loro sguardi si allacciano un po' troppo spesso, nonostante Miranda sia l'unica persona di cui Zara si fidi. L'unica in grado di proteggerla.
Miranda, Zara, Sebastian: che cosa succederà in questo strano, tragico triangolo di amori, legami familiari, gelosie, passione erotica? E quando Zara verrà trovata morta, di chi è davvero la colpa? Un romanzo che si legge d'un fiato, un thriller feroce in cui è impossibile indovinare i veri moventi dei personaggi fino al paradossale, inimmaginabile epilogo.


Amanda Robson, La colpevole (Piemme - thriller psicologico, pag. 384 - 22 gennaio 2019)